In Irpinia la tradizione del torrone affonda le sue radici ai tempi dei romani.
Il termine “torrone”, infatti, deriva dal verbo latino “torreo” che significa “tostare”, “abbrustolire”, con chiaro collegamento alla tostatura di nocciole e mandorle, il suo ingrediente principale.
In Irpinia il torrone è spesso chiamato con il nome caratteristico di “cupeta” con cui, secondo alcuni scritti dello storico Tito Livio e del poeta Marco Valerio Marziale si usava indicare una pasta di nocciole e miele, molto gradita già a quei tempi.
La versione classica del torrone, poi rivisitata nel corso degli anni, è realizzata con metodi artigianali utilizzando le materie prime del territorio: miele, nocciole avellane, albume ed ostie.
Agli inizi del Novecento, la storia del torrone si intreccia con quella di alcuni riti religiosi della zona, decretandone la sua fortuna. La sua notorietà in Irpinia trae origine dall’antico rito della “Juta a Montevergine”, la processione della Candelora che si sviluppa lungo il sentiero che porta fino a “Mamma Schiavona”, durante il quale i tanti pellegrini trovavano ristoro lungo il percorso dove erano presenti, e tutt’ora lo sono, laboratori artigianali di produzione dolciaria. E lì si consumava il torrone.